Vi siete mai domandati quanti tipi di pasta ripiena esistano ? tortellini, tortelloni, cappelletti, ravioli, pansotti, agnolini, agnolotti, tortelli, mezzelune, casoncelli, casunziei, schlutzkrapfen o schlipfkrapfen e chi più ne ha più ne mangi (ehm, ne metta….).
Oppure la domanda potrebbe essere la seguente: avete idea di quante possano essere le interpretazioni di ogni singolo formato di pasta ripiena. Per farla breve, parlando di tortelli, io conoscevo le versioni reggiane (il plurale è d’obbligo perché ne ho assaggiate moltissime) ma non mi ero mai imbattuto nei “Tortelli di San Leo”, fino a quando non ho avuto la fortuna di cenare al Ristorante L’Oste in quel di Fossoli.
Questo locale, scoperto quasi per caso da mia moglie e dal sottoscritto sabato sera, si è rivelato una piacevolissima destinazione gastronomica per la varietà delle proposte, sia di terra che di mare, per la cura nella presentazione dei piatti (non vi nascondo che abbiamo voluttuosamente “sbragherato” ciò che veniva recapitato ai tavoli limitrofi), per la qualità delle vivande e la gentilezza nel servizio.
Bene, torniamo ai Tortelli di San Leo, scelti come primo piatto dalla mia beneamata.
Più che tortelli li avrei definiti mezzelune di pasta, con il bordo seghettato, ripiene di spinaci, ricotta e (udite, udite) anche pesto dei cappelletti, così ci viene riferito dalla gentilissima e preparata cameriera.
Il tutto condito con una cremina al parmigiano da leccarsi i baffi e da funghi porcini. In una parola: ottimi.
Ottime anche le mia tagliatelle al ragù, di spessore consistente e larghezza al limite della pappardella, servite con un ragù macinato non troppo fine e in quantità che avrebbe retto bene anche due porzioni (mio malgrado, una volta terminate le tagliatelle sono stato costretto a far fuori un mezzo cestino di pane per scarpettare il ragù residuo…).
Come secondo mia moglie opta per una tagliata di pollo con porcini, speck e radicchio trevigiano stufato, mentre io mi dedico al baccalà grigliato su crema di patate al rosmarino.
Entrambe le scelte si rivelano azzeccate anche se le innumerevoli proposte del menu sarebbero state tutte allettanti (consiglio di dare un’occhiata al sito del ristorante per rendersene conto di persona).
Quanto al bere, la consultazione della liste dei vini si è esaurita alla prima delle molte righe: lambrusco Grasparossa “Tasso” Fattoria Moretto che, come il conto finale confermerà, viene prezzato a 12 onesti euro.
L’unico neo della serata però è stata la temperatura decisamente glaciale alla quale ci è stato servito il vino.
Personalmente, ma so che i puristi non saranno d’accordo, quando fa caldo gradisco il lambrusco fresco ma l’altra sera, nonostante siamo in primavera inoltrata, indossavamo ancora il golfino quindi….
Ho lungamente meditato se amputare un cappello per la temperatura del vino poi ho deciso di non farlo per i seguenti motivi:
siamo stati serviti con attenzione da personale sempre attento ma mai invadente,
la qualità delle portate e la presentazione si sono rivelate ottime,
il conto sarebbe stato di 74 euro, arrotondati a 70,
last but not least, quando a fine pasto abbiamo chiesto due nocini ci è stata lasciata sul tavolo una bottiglia di nocino “Il Mallo” piacevolmente - questa volta è così - ricoperta di brina del frigo (tranquilli, ne abbiamo fatto un uso morigerato).
Ci tornerò ???
Sicuramente si, perché i piatti che abbiamo visto passare richiedono un approfondimento di indagine…
Imperdibile!!!
[d.d.]
01/05/2017